
L’emergenza coronavirus ha portato gli italiani a doversi chiudere in casa giorno e notte. Facile lasciarsi andare a cattive abitudini, come ascoltare la musica a volume troppo elevato o eccedere con urla e schiamazzi. Ma cosa si rischia?
Secondo quanto indicato da un articolo sul tema pubblicato dal Sole 24 Ore, “il reato scatta quando i rumori danno fastidio a più famiglie e non solo al vicino di casa”, “negli altri casi il condomino potrà agire in sede civile, rivolgendosi al Giudice di pace per ottenere l’osservanza dell’articolo 844 del Codice civile che regola proprio i rapporti di vicinato, vietando tutti i rumori che superano la soglia della normale tollerabilità”.
Nello specifico, l’articolo 844 del Codice civile recita: “Il proprietario di un fondo non può impedire le immissioni di fumo o di calore, le esalazioni, i rumori, gli scuotimenti e simili propagazioni derivanti dal fondo del vicino, se non superano la normale tollerabilità, avuto anche riguardo alla condizione dei luoghi. Nell’applicare questa norma l’autorità giudiziaria deve contemperare le esigenze della produzione con le ragioni della proprietà. Può tener conto della priorità di un determinato uso”.
Si può però arrivare a “condotte più gravi”, tali da “integrare l’ipotesi penale”. Il Sole 24 Ore ha esaminato alcuni precedenti in Cassazione. Come ad esempio la sentenza n. 38901 del 24 agosto 2018 della Corte di cassazione con la quale una coppia di Lucca “è stata condannata a 300 euro di ammenda per aver lasciato due cani liberi di abbaiare anche di notte, dando fastidio all’intero vicinato”. Con la sentenza n. 9361 del 1° marzo 2018 la Cassazione ha poi stabilito che “integrano in reato le urla e i rumori di un condomino percepibili dalla strada”.
Con la sentenza n. 17124 del 17 aprile 2018 la Corte di cassazione ha affermato che “può far scattare l’illecito penale anche fare ginnastica con la musica ad alto volume o tenere costantemente la tv accesa in modo da dare disturbo agli altri”. E con la sentenza n. 21923 del 5 maggio 2017 la Cassazione, sez. III Penale, ha chiarito che “il vociare durante tutto il giorno e la sera, provocato dagli schiamazzi e dalla musica, tale da impedire ai vicini di guardare addirittura la tv, integra il reato”. Infine, con la sentenza n. 41601 del 10 ottobre 2019 la Corte di cassazione ha condannato a venti giorni di arresto il proprietario di tre galli tenuti a razzolare nel cortile condominiale “per i rumori degli animali che cantavano per 5-6 minuti a intervalli di 20-30 minuti”.